sabato 7 maggio 2011

Democrazia...

In che cosa si riduce la nostra democrazia ? Ad un semplice movimento che si basa sull'apporre un segno su una scheda "imbucandola" in un'urna, magari turandosiil naso. Il cittadino, dopo questo "gesto" di democrazia, viene ignorato, calpestato e il suo nome e le sue speranze affidate a coloro che, del suo voto, ne fanno un simbolo di potere da sventolare come un vessillo.
Mi piace pensare alla canzone di Gaber, dove si associa la parola "democrazia" alla parola "partecipazione". La democrazia, ora, è partecipazione. Ma è partecipazione passiva, sintetizzata in quel gesto della mano che infila la scheda nell'urna. Passiva perchè non sceglie il candidato e passiva perchè non incide.
Democrazia è tale nel momento in cui il cittadino, dal basso, ha la capacità e soprattutto il potere d'incidere sulle scelte politiche ed economiche. Quanti di coloro che disapprovano le scelte politiche del partito e dei candidati che hanno votato, hanno la possibilità e il potere di essere ascoltati, magari inducendo una sorta di resipiscenza nei propri eletti? E quanti di noi ci hanno provato e si sono scontrati contro un velo di ipocrisia, di superficialità o, semplicemente, di disinteresse da parte della politica e dei politicanti ?
Se la democrazia è compiuta, dovrebbe poter prevedere il pubblico ravvedimento di coloro che, votati, devono continuare a rispondere al cittadino, così come hanno promesso di fare prima di essere eletti. E se il ravvedimento non c'è, ci deve comunque essere quel rapporto dialogico che prevede il contatto e lo scambio verbale che unisce elettore ed eletto, e che è il simbolo della continuità della politica, aldilà del voto e della mera scelta di campo. Ci dev'essere quindi continuità, non rottura, sostanza e non forma, potenza e importanza di quella che è la massima espressione attraverso cui l'uomo ha deciso di organizzarsi e gestirsi : la politica.
Ma forse così non è da tempo e sarà difficile che ritorni ad esserlo. Perchè dal momento in cui la politica è stata contagiata e infettata da ciò che chiamiamo comunemente profitto, e che ha trasformato le USL in ASL, l'acqua pubblica in spa, le ferrovie, l'energia, e fra non molto la RAI, in società miste ( pubblico e privato ), ciò che era diritto è diventato variante del diritto, e ciò che era inviolabile è stato volgarmente violato. Gradualmente, goccia a goccia, con stratificazioni legalizzate, ciò che era diritto è diventato oggetto di scambio : ciò che ti spettava ora è soggetto a compravendita. Sta a noi, i non eletti, i rappresentati, fare in modo che torni ad essere diritto ciò che non lo è più. Cominciando, per esempio, a cacciare coloro che rappresentano se stessi, plagiati da un'elite dominante che li sceglie come consapevoli e volgari pupazzi di uno spettacolo su cui dovrebbe finalmente calare il sipario.

venerdì 4 febbraio 2011

Dopo un lungo silenzio, riprendo a scrivere sul blog. Prediligo l'azione, in questo momento, vista la situazione estremamente grave e di degrado senza precedenti. Per intanto, cerco di capire come si è giunti ad essere così poveri, intellettualmente e moralmente. Comincerò con alcuni pensieri di Marx, che tracciano lucidamente e profeticamente ciò che ora, anno 2011, dopo più di 150 anni, sembra ancora drammaticamente attuale.

La borghesia ha avuto nella storia una funzione sommamente rivoluzionaria. Dove è giunta al potere ha distrutto tutte le condizioni di vita feudali, patriarcali, idilliache. Essa ha lacerato senza pietà i variopinti legami che nella società feudale avvicinavano l'uomo ai suoi superiori naturali, e non ha lasciato tra uomo e uomo altro vincolo che il nudo interesse e lo spietato pagamento in contanti. Essa ha affogato nell'acqua gelida del calcolo egoistico i santi fremiti dell'esaltazione religiosa, dell'entusiasmo cavalleresco, della sentimentalità piccolo borghese. Ha fatto della dignità personale un semplice valore di scambio, e in luogo delle innumerevoli franchigie faticosamente acquisite e patentate, ha posto la sola libertà di commercio senza scrupoli. In una parola, al posto dello sfruttamento, velato da illusioni religiose e politiche, ha messo lo sfruttamento aperto, senza pudori, aperto e arido. La borghesia ha spogliato della loro aureola tutte quelle attività che per l'innanzi erano considerate degne di venerazione e di rispetto. Ha trasformato il medico, il giurista, il prete, il poeta, lo scienziato in suoi operai salariati. La borghesia ha strappato il velo di tenero sentimentalismo che avvolgeva i rapporti di famiglia, e li ha ridotti a un semplice rapporto di denari.